NATALE: COME COMPORTARSI A TAVOLA

Il Natale si avvicina e in molti non vedono l’ora di concedersi qualche peccato di gola.

Panettoni, torte, pizze, risotti, fritture varie… quante bontà!

Ma come comportarsi?

Il Natale e le feste rappresentano dei momenti di aggregazione, di piccoli sfizi e trasgressioni.

Ciò a cui bisogna stare attenti sono due differenti modalità di approcciarsi ai pranzi e alle cene di questo periodo.

Se da una parte è necessario ricordarsi di non eccedere troppo nelle quantità e nelle abbuffate, dall’altra parte è importante assumere un comportamento corretto per evitare troppi sensi di colpa.

Trovare un buon compromesso tra questi due atteggiamenti è una giusta soluzione per evitare di sviluppare o riprendere delle cattive abitudini alimentari.

Ovviamente in molti hanno già cominciato ad acquistare calendari dell’avvento con il cioccolato e panettoni di vari gusti. Anziché consumare questi alimenti durante l’intero mese di dicembre, sarebbe più funzionale limitarne il consumo ai giorni propriamente festivi.

In questo modo, le occasioni per concedersi i peccati di gola diminuiranno e non ci saranno eventuali sensi di colpa.

Sviluppare e imparare delle sane abitudini alimentari significa gestire consapevolmente il proprio comportamento alimentare, non sentire l’esigenza di abbuffarsi quando si presenta l’occasione e non provare eccessivi sensi di colpa.

L’obiettivo delle festività è quello di trascorrere del tempo in compagnia, di rilassarsi e divertirsi.

Per far questo è utile non concentrarsi esclusivamente su ciò che mangerete!

Per far diventare tutto questo un automatismo, ho creato un percorso psicoalimentare che vi permetta di unire al gusto alimentare l’ottimo rapporto con il cibo.

CIBO E CULTURA

Il cibo è espressione di una cultura.

Il valore culturale attribuito al cibo mette in evidenza le differenze tra popoli e i differenti approcci nei confronti dell’alimentazione.

L’arte culinaria si tramanda di generazione in generazione: pensate a quando le vostre nonne non vedevano l’ora di mostrarvi come mettere le mani in pasta e trasmettervi le ricette di un tempo.

Così come si tramandano le ricette, si tramandano anche le abitudini e gli stili alimentari che possono essere più o meno corretti.

La tradizione culinaria e la cultura alimentare si accompagnano poi anche ad una serie di aspetti psicologici e sociali.

Il cibo esprime chi siamo, il nostro modo di essere e di relazionarci con gli altri tanto che un disturbo alimentare potrebbe essere ricondotto ad una difficoltà di instaurare relazioni interpersonali o insoddisfazione del proprio corpo o di altri aspetti della propria vita.

Il cibo è anche intriso di un valore sociale in quanto è un momento di aggregazione e condivisione: pensate ai pranzi domenicali o alle grandi tavolate in pizzeria per festeggiare un qualsiasi evento!

In generale il cibo è una presenza costante nella nostra vita ma è bene non considerarlo come priorità.

Ovviamente bisogna apprezzare la propria cucina, i piatti tipici, difendere e conservare le tradizioni ma non bisogna dimenticare l’importanza di condurre uno stile di vita alimentare sano ed equilibrato.

Un buon rapporto con il cibo permette di sviluppare anche un buon rapporto con noi stessi e gli altri.

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IL CIBO DICE CHI SIAMO

Il cibo, oltre a nutrirci e garantirci di sopravvivere, è anche espressione dei tratti di personalità.

Il cibo, dunque, rappresenta chi siamo. C’è chi è un tipo ‘dolce’ o chi ‘salato’ e ad ogni categoria corrispondono delle caratteristiche personali.

Le preferenze alimentari, oggi, sono davvero tantissime… vegetariani, pescetariani, carnivori, vegani: ce n’è per tutti i gusti.

Mentre prima queste scelte erano elitarie, adesso invece riguardano un numero sempre maggiore di persone.

Molte di queste scelte, però, dipendono dalla psiche e dalla genetica.

Ad esempio, da neonati si sviluppa la preferenza per i sapori dolci grazie all’assunzione del latte materno, dolce e tiepido.

Negli ultimi anni si è registrato un maggior interesse da parte degli psicologi di indagare il rapporto con il cibo. Le ricerche hanno rilevato delle correlazioni tra il carattere delle persone e i gusti alimentari.

Pare che chi prediliga i cibi dolci manifesti un ‘effetto bontà’ ovvero sia collaborativo,emotivo, disponibile, più attento agli altri. Chi invece preferisce il salato, sembra essere più intraprendente, estroverso ed indipendente.

Inoltre, il modo in cui mangiamo (vorace o meno) è un indizio su come si faccia l’amore. E non stupisce il fatto che il  valore del cibo possa essere introdotto anche nelle performance sessuali.

La parola cibo non può semplicemente tradursi nel verbo ‘mangiare’ ma è qualcosa di più complesso e soprattutto personale.

Fonte: Focus

IL CIOCCOLATO: DALLE ORIGINI AD OGGI

Il tanto amato e gustoso cioccolato quanti anni ha?

Il cioccolato ha deliziato le papille gustative per secoli. Le primissime piantagioni di cacao si trovavano in Sud America e, negli anni, si espansero fino all’America Centrale.

I semi di cacao venivano utilizzati come monete di scambio ma anche per preparare bevande da consumare durante feste e banchetti.

La coltivazione più importante per le popolazioni dell’America Centrale era la Theobroma cacao che prevedeva diverse varietà.

Molte ricerche hanno rilevato che la maggiore diversità di questa piantagione si ritrova in Sud America e studi archeologici dimostrano che queste popolazioni utilizzavano il cacao addirittura tra 5300 e 2100 anni fa.

Insomma, il cacao e il cioccolato hanno origini antichissime.

Oggi le varietà di cioccolato sono innumerevoli e ce n’è per tutti i gusti: fondente, bianco, al latte, con le nocciole, all’arancia…

Il cioccolato è sicuramente uno degli alimenti maggiormente gradito e in quanto tale potrebbe portare ad un abuso nel suo consumo. Mangiare troppo cioccolato è dannoso per la salute e potrebbe innescare dei meccanismi di assuefazione, tipico degli alimenti con molti zuccheri.

Tuttavia, il cioccolato, soprattutto fondente, presenta anche proprietà benefiche per l’organismo.

Tra i principali benefici ricordiamo quelli associati alla memoria, alle capacità cognitive, all’attenzione, all’umore e al sistema cardiovascolare.

 

Fonte: Popular Science

Il Burro – utilizzo nello Svezzamento alimentare

Il burro rappresenta la parte grassa del latte, separata dalla maggior parte delle proteine, degli zuccheri e dell’acqua presenti nel prodotto.

Per legge, se viene chiamato burro senza ulteriori specifiche è sempre un derivato di latte bovino, e non può contenere alcun tipo di grasso aggiunto (né animale, né vegetale) oltre a non poter contenere alcun additivo. La produzione può avvenire tramite due diverse tecniche di lavorazione, l’affioramento e la centrifuga.

Con la tecnica dell’affioramento il latte vaccino viene fatto riposare per un periodo di tempo variabile dalle 8 alle 12 ore; durante questo tempo la parte grassa del latte si separa dalla parte liquida e finisce per affiorare in superficie.

Con la tecnica della centrifuga invece si opera meccanicamente; di fatto, la parte grassa del latte viene separata da quella liquida attraverso un processo di centrifugazione.

In commercio sono disponibili diversi tipi di burro oltre al burro tradizionale che è soggetto a precisa regolamentazione. Essi si distinguono per la diversa quantità di lipidi in essi contenuti tra cui:

Burro chiarificato
Il burro chiarificato è un burro che si distingue da quello tradizionale per essere composto quasi nella sua totalità da grassi, un po’ come l’olio di oliva o gli altri oli. Viene prodotto a partire dal burro tradizionale, solo che vengono tolte le parti che non sono grassi; facendo liquefare il burro, si fanno sedimentare (con una centrifuga, a livello industriale) le parti che compongono il burro, così che il grasso si separi dalle caseine che si separano dall’acqua. Le parti sono ben divise, nel burro, e così quelle che non servono possono essere eliminate, rimanendo con circa il 99% di grassi, 1% degli altri componenti.
Eliminando in modo praticamente completo gli zuccheri, il burro chiarificato può essere consumato anche dagli intolleranti al lattosio.

Burro salato
Il burro salato è un burro molto simile a quello tradizionale con la differenza che, terminata l’ultima fase di produzione (quella in cui il burro viene impastato) si aggiunge un’ulteriore fase che è quella di salagione, che porta il prodotto ad avere una salinità del 2%. All’estero, e in particolare in Francia è molto diffuso, tanto da rappresentare un’alternativa al burro tradizionale.

Burro alleggerito
è un prodotto abbastanza semplice: contiene solamente i ¾ dei grassi che solitamente sono presenti nel burro.
Venduto come prodotto utile alla salute la differenza principale, e più visibile, rispetto al burro tradizionale è che la consistenza è minore, essendo presente più acqua che, a temperatura ambiente, è liquida.  Non si può definire “burro” dal punto di vista legale, perché non rispetta le quantità minime richieste dalla normativa.

fonte : Accompagnamento Alimentalmente – Eleven Edizioni

Functional food – Il pesce

Il pesce è facilmente digeribile.

Esso  è un alimento poco calorico ed è una fonte importantissima di iodio, un oligoelemento che attiva la tiroide favorendo da una parte il dimagramento e dall’altra il buon funzionamento del cervello.

Il pesce è una delle poche fonti alimentari di DHA, un acido grasso a catena lunga della serie omega-3 necessario, a garantire una buona comunicazione fra le cellule nervose.

E’ anche fonte di iodio, un nutriente fondamentale per il cervello perché partecipa alla formazione dell’ormone tiroideo, il cui deficit si associa a rallentamento delle funzioni cognitive nell’adulto.

In generale i pesci più grassi come  il salmone, lo sgombro, il tonno e le uova di pesce contengono più omega-3 e più vitamine liposolubili come la D, la A e la E.

Va sottolineato che gli acidi grassi omega-3 sono sensibili al calore,  quindi sono preferibili  sempre cotture rapide e a temperature non troppo elevate.

 

fonte  : Accompagnamento Alimentalmente – ELEVEN EDIZIONI

 

 

La Fame Nervosa o Eating Emozionale

La “fame nervosa” è un termine comune per definire quello che gli studiosi del comportamento alimentare definiscono  EATING EMOZIONALE.

Eating emozionale cioè  “la situazione vissuta da quei soggetti che mescolano le emozioni con l’assunzione di cibo e usano il cibo per superare le emozioni che ogni giorno incontrano”.

Anche chi non ha particolari problemi di peso raramente mangia solo per soddisfare la fame biologica e per nutrirsi.

Alcuni studiosi ipotizzano che l’instaurarsi di comportamenti alimentari anomali si sviluppi nella prima infanzia.  Essenziale è che la mamma capisca quando il bambino ha realmente bisogno di mangiare e quindi soddisfi la fame porgendogli il seno o il biberon: bisogna evitare di offrirgli il cibo quando il pianto infantile non è realmente causato dalla fame. Se questa giusta interpretazione materna non avviene, probabilmente il figlio crescerà senza essere capace di elaborare il vero riconoscimento della fame e non saprà distinguere tra questa ed altre sensazioni. ( fame nervosa) In età adulta interpreterà l’ansia, la tensione, la collera nel modo sbagliato e mangerà in eccesso. http://www.annamariagiancaspero.it

L’Eating emozionale comprende vari stili alimentari e le diverse motivazioni ed emozioni che accompagnano la necessità di usare il cibo, spesso in grande quantità, con il fine ultimo di affrontare situazioni di

  • noia,
  • di ansia,
  • di rabbia
  • o di depressione.

La dipendenza dal cibo
Il legame tra alimentazione ed emozioni è stato ormai dimostrato, però questo non significa che l’Eating emozionale dipenda assolutamente da severi problemi psicologici o da conflitti interiori; infatti anche le emozioni derivanti dalle normali attività di vita quotidiana possono fare da stimolo per l’assunzione eccessiva di cibo, talvolta anche in modo compulsivo.

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Racconto di una bulimica

Questa è la storia di Alice. Alice ha 42 anni, non è sposata ed è molto brava nel suo lavoro tanto che ha appena completato con successo un suo progetto. Alice non si abbuffava più da circa 2 anni ma la felicità mista alla delusione per aver terminato il suo progetto e l’invito ad un matrimonio, la fecero ricadere nelle sue vecchie abitudini alimentari.

Alle prove della festa del matrimonio, Alice trascorse la maggior parte del tempo mangiando: cominciò con pasta, affettati, panini, pane, pollo fino ad ottenere ciò che desiderava di più, ovvero lo zucchero. Alice divorò diversi pezzi di torta, dei biscotti e altri dolci e si allontanava spesso per evitare di essere vista e scoperta. Da quella sera, Alice ricominciò ad abbuffarsi proprio come 15 anni prima, riprese a fumare e fu spinta a sottoporsi ad ore ed ore di esercizio fisico intenso per smaltire le calorie accumulate durante le abbuffate.

La storia di Alice è un esempio di Bulimia Nervosa, un disordine del comportamento alimentare che comprende abbuffate di cibo seguite poi da comportamenti compensatori mirati ad eliminare le calorie appena assunte. I comportamenti compensatori comprendono l’uso di lassativi, il vomito autoindotto e, talvolta, digiuno o eccessivo esercizio fisico.

Quando, invece, un individuo non compensa l’eccesso di alimentazione si parla di Disturbo da Alimentazione Incontrollata.

In questi casi è possibile intraprende una terapia psico-alimentare che permetta di capire l’origine del disturbo, cambiare le proprie abitudini, rivalutare il proprio rapporto con il cibo e imparare a nutrirsi correttamente.

Il rapporto che si ha con il cibo è spesso indice di insoddisfazione personale, di bassa autostima, di insuccessi, di mancanze e altro ancora: tutti ostacoli che, con pazienza, determinazione, tenacia e voglia di cambiamento, possono essere superati.

Fonte: DSM- IV -TR, Casi clinici

E’ possibile ritardare la menopausa con una dieta equilibrata?

La menopausa è una fase delicata nella vita di una donna e in genere si spera di ritardare questa fase il più possibile. A influire sull’interruzione del ciclo mestruale, oltre ai fattori genetici, ambientali e comportamentali, vi sono anche le abitudini alimentari; infatti, è stata evidenziata, da uno studio pubblicato sul Journal of Epidemiology and Community Health, una correlazione tra dieta ed età di insorgenza della menopausa naturale.

L’età della menopausa è importante per valutare la salute della donna negli anni successivi.

35.000 donne inglesi hanno fornito informazioni su fattori influenti sulla menopausa, dati forniti ai ricercatori della School of Food Science and Nutrition, Università di Leeds.

Queste donne hanno anche dato risposte relative alla frequenza di consumo di circa 217 prodotti. A distanza di 4 anni dalla menopausa sono state condotte ulteriori interviste dalle quali è emerso che l’età media in cui si è manifestata la menopausa è di 51 anni.

Ai tempi di insorgenza della malattia è stato associato il consumo di alcuni alimenti.

Una dieta ricca di pesce grasso e legumi freschi è associata ad un ritardo di circa 3 anni mentre una dieta costituita da un elevato consumo di carboidrati raffinati come pasta e riso e di cibi particolarmente salati contribuiscono ad anticipare la menopausa. Le differenze riguardano anche categorie particolari, ad esempio quella delle vegetariane che consuma meno fibre e meno grassi animali rispetto ai carnivori.

Questo effetto è spiegato dall’azione antiossidante dei legumi e degli acidi grassi omega 3.

Il ritardo di cui parlano i ricercatori può anche essere superiore a 3 anni.

Nonostante sia stata riscontrata l’associazione tra dieta ed età di insorgenza della menopausa, non si concludere che vi sia un nesso di causalità tra le due.

Sicuramente le abitudini alimentari hanno un’influenza notevole, motivo per cui andrebbe seguita una dieta sana ed equilibrata.

 

Il cioccolato fondente rende la vista più acuta

Cioccolato: in quanti lo adorano?  Sicuramente in tantissimi.

Il cioccolato è indubbiamente uno degli alimenti preferiti dalla maggior parte della popolazione ed un toccasana per risollevare il morale. Un pezzettino di cioccolato può regalare piccoli momenti di gioia al palato e all’umore. Nonostante la sua bontà, però, non è consigliabile mangiarlo spesso o sempre: tutti noi sappiamo che non è l’ideale per il nostro benessere.

Eppure, cari amanti del cioccolato, una curiosa ricerca suggerisce che il consumo di cioccolato fondente ha effetti positivi, almeno a breve termine, sulla capacità visiva.

Due gruppi di soggetti, scelti per la ricerca, hanno consumato una barretta di cioccolato fondente al 72% oppure una barretta al cioccolato al latte con riso croccante.

(Sicuramente in molti avrebbero voluto partecipare).

Dopo circa 2 ore dal consumo della barretta, i soggetti sono stati sottoposti ad una visita oculistica. La rivista Jama Ophtalmology ha pubblicato i risultati, i quali mostrano come il cioccolato fondente influenzi positivamente l’acuità visiva. Sembra che i flavinoidi presenti nel cacao determinino un aumento del flusso sanguigno a livello della retina. Ovviamente questo meccanismo va ulteriormente indagato e i ricercatori della Universitu of the Incarnate Word Rosenberg School of Optometry, in Texas, ricordano anche che l’azione dei flavonoidi è associata al contemporaneo consumo di altri alimenti quali latte e caffè.

Potreste dunque concedervi un quadratino di cioccolato in più ma attenzione a non eccedere. Esagerare è sempre un rischio e porta alla perdita di autocontrollo.

Vista più acuta con il cioccolato fondente

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